Licenziamento per giustificato motivo oggettivo indennità risarciotria ed azione risarcitoria per mancata indicazione dell′articolazione oraria del part-time
riduzione personale onere della prova indennità risarcitoria Corte Costituzionale D.lgs 81\2025 risarcimento del danno orario part-time
DIRITTO DEL LAVORO
Interessante pronuncia del Giudice del Lavoro del Tribunale di Alessandria (n. 366\2025 del 22\09\2025) che affronta da un lato l'impugnazione di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato per calo delle commesse e dall'altro la richiesta risarcitoria collegata alla mancata indicazione, nel contratto di lavoro, dell'articolazione oraria del part-time.





In punto licenziamento il Giudice del Lavoro, ha dato applicazione ai principi consolidati di Cassazione in tema giustificato motivo oggettivo: "Come noto questa Corte (Cass. n. 25201/2016) - dopo aver ritenuto erroneo l'orientamento che riteneva legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo solamente in caso di una situazione di crisi dell'azienda non contingente (escludendo, irragionevolmente, la legittimità del recesso quando la modifica organizzativa fosse stata attuata dal datore di lavoro allo scopo di ridurre i costi o di incrementare i profitti) - ha, comunque, affermato che "tratti comuni ad entrambi gli orientamenti sono rappresentati dal controllo giudiziale sull'effettività del ridimensionamento e sul nesso causale tra la ragione addotta e la soppressione del posto di lavoro del dipendente licenziato. Parimenti costituisce limite al potere datoriale costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità quello identificato nella non pretestuosità della scelta organizzativa".

2.2. Secondo il richiamato arresto, "resta saldo il controllo sulla effettività e non pretestuosità della ragione concretamente addotta dall'imprenditore a giustificazione del recesso", per cui se si accerta che la ragione addotta a giustificazione del licenziamento "non sussiste, il recesso può essere dichiarato illegittimo dal giudice del merito non per un sindacato su di un presupposto in astratto estraneo alla fattispecie del giustificato motivo oggettivo, bensì per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità o sulla pretestuosità della ragione addotta dall'imprenditore. Ovverosia l'inesistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento così come giudizialmente verificata rende in concreto il recesso privo di effettiva giustificazione". Parimenti "deve sempre essere verificato il nesso causale tra l'accertata ragione inerente l'attività produttiva e l'organizzazione del lavoro come dichiarata dall'imprenditore e l'intimato licenziamento in termini di riferibilità e di coerenza rispetto all'operata ristrutturazione. Ove il nesso manchi, anche al fine di individuare il lavoratore colpito dal recesso, si disvela l'uso distorto del potere datoriale, emergendo una dissonanza che smentisce l'effettività della ragione addotta a fondamento del licenziamento".". (Cassazione civile sez. lav., 27/06/2025, n.17364).



Il Tribunale ha quindi affermato che in caso di deduzione di una crisi aziendale o perdita di fatturato resta "…saldo il controllo sulla effettività e non pretestuosità della ragione concretamente addotta dall'imprenditore a giustificazione del recesso" (Cass. Civ., Sez. Lav., 7 dicembre 2016, n. 25201, parte motiva).



Giudicato, in applicazione di tali principi, illegittimo il licenziamento il Giudice del Lavoro ha condannato il datore di lavoro ad una indennità risarcitoria in misura superiore al limite legale dando applicazione della pronucia di illegittimità costitutizione n. 118 del 21 luglio 2025.



Affrontando invece la richiesta risarcitoria della lavoratrice per la mancata indicazione dell'articolazione oraria del contratto di part time il Giudice ha affermato il seguente principio di diritto: "La tutela prevista dall'.art. 8,2^ comma del D.L.vo n. 61/00, nella formulazione all'epoca vigente ("Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa") - così come quella stabilita dal successivo art. 10 del D.L.vo n. 81/15 ("Per il periodo antecedente alla pronuncia, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta per le prestazioni effettivamente rese, a un'ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno") - è di natura sanzionatoria e perciò prescinde dalla prova del danno procurato, derivando dall'obiettivo disagio subito dal lavoratore per l'unilaterale determinazione del datore di lavoro delle modalità temporali di svolgimento della prestazione" (cfr. app. Milano sez. lav., 07/04/2021, n.423, che richiama Cass. n. 8882/15, quest'ultima ripresa poi da Cass. civ. Sez. lav., Ordinanza n. 9229 del 06/04/2021)".



Nel caso di specie il Giudice del Lavoro, accertata la violazione del precetto normativo ha accordato alla ricorrente un risarcimento nella misura del 5% di tutte le retribuzioni percepite.



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